Nel libro V dell'Eneide Virgilio descrive la morte di Palinuro, il nocchiero di Enea, vinto dal dio Sonno e caduto in mare mentre conduceva la flotta verso le coste d'Italia.
L'autore scrive di come Palinuro, naufrago dopo aver invocato invano l'aiuto dei compagni, fosse rimasto in balia delle onde per ben tre giorni prima di approdare sulle spiagge del Cilento. Qui, purtroppo, non trovò la salvezza, ma una fine crudele: scambiato per un mostro marino, fu catturato e ucciso dagli indigeni, e il suo corpo abbandonato. Veniva così soddisfatta la richiesta di Nettuno, dio del mare, che quando aveva accordato a Venere il proprio aiuto per condurre in salvo la flotta di Enea sulle coste campane, aveva preteso per sé in cambio una vittima.
Nel libro successivo, ritroviamo Palinuro nell'Ade, mentre vaga tra le anime degli insepolti. Egli supplicherà Enea, disceso negli Inferi insieme alla Sibilla Cumana, di dargli sepoltura, esortandolo a cercare il suo corpo tra i flutti degli approdi velini (dove oggi si trova Ascea). Sarà la Sibilla a dovergli rivelare che il suo cadavere non verrà mai ritrovato: la sacerdotessa, tuttavia, mitiga l'amarezza del nocchiero predicendogli che, perseguitati da eventi prodigiosi, i suoi assassini erigeranno un cenotafio da dedicare a lui e da onorare con offerte. Quel luogo avrebbe per sempre portato il nome Palinuro.
Al mito di Palinuro è intimamente legato quello di Camerota, comune confinante. Questo mito è stato elaborato dal letterato napoletano Berardino Rota (1508-1575), ad apertura della sua opera poetica in latino Sylvarum seu Metamorphoseon liber. Narra di Kamaraton, una ninfa del mare tanto bella quanto superba.
Secondo questa leggenda, Palinuro si era innamorato della fanciulla e l'aveva chiesta in sposa, ma lei lo aveva rifiutato. Respinto con brutalità e freddezza e consumato dal dolore, il mitico nocchiero invocò il dio Sonno, implorandolo di porre fine alle sue sofferenze. Dopo la morte di Palinuro, indignata per il comportamento della bella ninfa, la dea dell’amore Venere decise di punirla, trasformandola in roccia (il promontorio dove oggi sorge la cittadina di Camerota) e condannandola a guardare per l’eternità il suo spasimante respinto.
Così i due giovani, Camerota e Palinuro, restano lì affacciati sul mare, vicini, ma non tanto da potersi incontrare, divisi da una lunga spiaggia, che simboleggia la strada di un amore perduto.
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